Una domenica da leoni
Il Campo di Tiro regala emozioni di tale intensità che si ricordano per tutta la vita.
Domenica 6 marzo 1983, campo di Tiro a Volo di GHEDI (BS), all’epoca gestito dai fratelli sigg. Lonati, quasi di fronte all’ingresso del noto aeroporto militare.
Mi è capitato di assistere a questa scena, alle ultime battute di una bella e ricca gara di Piccione, di quelle che si facevano una volta.
Intorno alle ore 17.00, quando in pedana -con una tensione altissima- si stavano alternando gli ultimi tiratori in esubero rispetto al numero dei premi, prima della finale ad eliminazione diretta (“al primo zero”), giunse al Campo un eccellente Tiratore e noto armiere di Brescia (che, però, all’epoca praticava solo il “Trap”) in compagnia di un giovane sui 25 anni, non di quelle parti, dall’aspetto serio, ma cordiale e distinto, forse un militare.
Convenevoli di rito con alcuni degli astanti; il giovane si rivolgeva al Tiratore con l’appellativo semi-serio di “Maestro” ed entrambi vennero festeggiati dai Gestori del Campo.
Le iscrizioni erano già chiuse da un bel po’, ma per riguardo all’ospite “di passaggio” (che però era stato un saltuario frequentatore del Campo, lasciando evidentemente un buon ricordo) per riguardo -dicevo- dopo una rapida consultazione, gli Organizzatori decisero di ammettere i due “turisti” alla gara, tanto non erano “piccionari”.
Questi dovevano recuperare almeno 5 turni (cioè dovevano tirare 5 piccioni di seguito, alternandosi fra loro) per arrivare al punto della gara dove erano gli altri ed anche in fretta, perché ai primi di marzo fa ancora buio presto.
Al terzo piccione, il Maestro fece zero: gara finita!
L’allievo abbatté invece il suo terzo piccione e poi il quarto, fulminò il quinto: tutto in pochi minuti mentre nell’affollatissimo “Betting” gli scommettitori chi gioiva, chi imprecava e chi “si metteva il tubo del gas in bocca”!
La quota offerta dai “banchieri” per il giovane era andata aumentando ad ogni piccione abbattuto, partendo dal “pago-pari” dell’inizio.
Al sesto piccione, la quota era a “pago-otto” (cioè, in caso di errore da parte del Tiratore, il “banchiere” avrebbe pagato 8 volte la puntata accettata): un’enormità!
Alla chiamata, con all’orizzonte il sole morente che incendiava la sera con i suoi stanchi bagliori di fine inverno, uscì una saetta scura di quinta cassetta (quella più a destra), che puntò ulteriormente a destra come una freccia, volando a non più di un metro da terra. In questi casi anche i Tiratori esperti hanno un solo colpo a disposizione, non tanto perché la rete è comunque vicina, quanto perchè il tiro è angolatissimo e di seconda non si recupera mai…!
Una stoccata di prima canna e il piccione si chiuse in volo come un gomitolo in un’esplosione di piume, andando a cadere dentro -a poca distanza dalla rete- quasi all’altezza della bandierina rossa (limite invalicabile per le canne).
Un’ovazione dal “Betting” rese i meritati onori al ragazzo che con quel piccione andò a premio, sbagliò quello successivo che era un “pollastrone” (ma tanto ormai era quasi buio) ed incassò di lì a poco alcune centinaia di migliaia di lire (dell’epoca), detratte le spese fra cui -ovviamente- anche l’iscrizione e i piccioni del Maestro!
Meno male per noi frequentatori abituali che quel simpatico giovane era di passaggio e non lo rivedemmo mai più!
Il “Maestro”, quello sì, lo vediamo ancora e spesso: non alto, brizzolato, adesso tira solo all’Elica ma usa un sovrapposto “Perazzi”, ultimo modello da Fossa (“…canne fenomenali!”, dice compiaciuto). Acrobata della 2a canna, nonostante l’età se la cava ancora bene, sia col fucile sia con la lingua…
Interrogato anni dopo su quella “domenica da leoni”, pur ammettendo di conoscere l’allievo dell’epoca, circa la gara di quel giorno ha però dichiarato di non ricordare nulla…
Grande Mago!