A caccia una mattina
A mio padre.
Il ragazzo era quasi in vetta alla collina e arrancava rapido, stringendo il fucile tra le mani. Nonostante il freddo pungente, sudava a gocce ed ansimava per lo sforzo, ma continuava a salire svelto.
Quando la posizione gli parve idonea, si fermò divaricando le gambe ed alzando leggermente il fucile, in attesa.
“Attento!” gridò il vecchio dal basso. “Se esce viene dalla tua parte.”
La voce roca del vecchio gli giunse attraverso l’ammasso di rovi che li separava. Allora respirò a fondo due o tre volte per ristabilire la giusta quantità di ossigeno che gli era necessaria e vide il cane mentre “dava sotto”.
Percepì immediatamente il frullo tra i rovi e il selvatico che saliva a candela dal centro della spinaia: imbracciò e fece fuoco.
La fagiana, come colpita da una randellata, si capovolse e ricadde a becco in giù, poco distante dal punto di uscita.
Il bravo setter la recuperò prontamente e la venne a depositare ai piedi del ragazzo ancora calda, fumante sul tappeto della rugiada mattutina.
Il vecchio si era intanto anche lui avvicinato, aveva riappeso la doppietta alla spalla e sorrideva senza dire nulla. Guardava il ragazzo mentre il cane uggiolava di piacere… Restarono immobili così -nel gelo del mattino- per un lungo istante.
Tranne la fagiana, avevano tutti un’aria molto soddisfatta!