La fine dei cacciatori
Un’antica leggenda che sembra però sempre attuale.
Si erano accampati nell’oasi per un servizio cine-fotografico sulle varie specie di fauna locale e sulle attività dei predatori carnivori in quella regione, da cui doveva poi essere tratto un documentario per la televisione. I compagni del viaggiatore dormivano.
Un cacciatore indigeno, alto e robusto, gli passò davanti; aveva accudito i cammelli e ora andava a dormire.
Il viaggiatore si gettò supino sull’erba: voleva dormire anche lui, non poté; uno sciacallo si lamentava in lontananza e allora si drizzò di nuovo. E ciò che era stato tanto lontano, improvvisamente era vicino.
Un rimescolìo di sciacalli era intorno a lui; occhi d’oro smorto che rilucevano e si spegnevano; corpi snelli che si muovevano agili come sotto la sferza.
Uno venne da dietro, lentamente si pose di fronte al viaggiatore e gli disse guardandolo quasi negli occhi: “In questi paraggi sono lo sciacallo più vecchio. Sono felice di poterti ancora salutare qui. Avevo già quasi rinunciato a questa speranza, infatti ti attendiamo da un tempo interminabile. Credilo!”
“Questo mi sorprende” disse l’uomo, che aveva dimenticato di accendere il mucchio di legna preparata per tenere lontani col suo fumo gli sciacalli.
“Mi sorprende molto sentirlo. Vengo soltanto per caso dalla lontana Europa per un breve documentario naturalistico. Che mai volete, sciacalli?”
Quasi incoraggiati da questa risposta anche troppo cordiale, essi strinsero il cerchio attorno a lui; tutti respiravano corto e soffiavano.
“Noi sappiamo” cominciò il più vecchio, “che tu vieni dall’Europa e non sei un cacciatore; precisamente su questo si basa la nostra speranza. Nel tuo paese è l’intelligenza, che qui fra i cacciatori non si trova. Loro sono esseri spregevoli: uccidono le bestie per mangiarle e disprezzano la carogna!”
“Non parlare così forte” disse il viaggiatore, “qui vicino dormono alcuni cacciatori”.
“Tu sei veramente un forestiero” disse lo sciacallo, “altrimenti sapresti che mai nella storia del mondo uno sciacallo ha temuto un cacciatore. Perché noi dovremmo temerli? Essi sono una sparuta minoranza e noi siamo un movimento politico trasversale sempre più forte, che alla fine vincerà”.
“Può darsi” disse il viaggiatore. “Non mi permetto giudizi su cose che non conosco… Si direbbe una lite assai antica: l’avrete nel sangue e credo terminerà soltanto col sangue”.
“Sei molto saggio tu” disse il vecchio sciacallo. “Ciò che dici corrisponde alla nostra antica dottrina. Così noi togliamo loro il sangue e la lite finisce”.
“Oh!” disse sorpreso il forestiero. “Si difenderanno; vi abbatteranno a frotte con i loro fucili di precisione”.
“Ci fraintendi” disse lo sciacallo. “Noi scappiamo soltanto alla vista del loro corpo vivo, in un’aria più pura!” e tutti gli sciacalli presenti, ai quali intanto si erano associati molti altri ancora venuti da lontano, si stringevano minacciosi intorno al viaggiatore.
“Che cosa intendete fare dunque?” domandò l’uomo e voleva alzarsi, ma non poté tanto era paralizzato dal terrore.
“Non farci soffrire per la nostra sciagura” disse lo sciacallo con il tono lamentoso della sua voce naturale. “Ascolta la nostra supplica…”
“Che vuoi dunque?”
“Signore, tu devi mettere fine alla lite che divide questo paese. I nostri vecchi hanno descritto colui che lo farà, esattamente come tu sei. Bisogna finirla con i cacciatori! Tutto il paese, sino all’orizzonte, sia mondato della loro presenza. Non più le grida lamentose del selvatico abbattuto dal cacciatore; che ogni bestia muoia indisturbata e sia succhiata da noi sciacalli e ripulita sino alle ossa. Purezza, soltanto purezza noi desideriamo!”
Ora ululavano e singhiozzavano tutti. “Per questo” proseguì il vecchio sciacallo, “dopo il tiro al piccione vogliamo anche la fine della caccia e dei cacciatori! Perciò, o amato elettore, con l’aiuto del tuo voto e delle tue possenti mani taglia loro con queste forbici la gola!”
Obbedendo ad un cenno del suo capo, giunse uno sciacallo che recava stretta fra i denti gialli una piccola forbice da cucire, coperta di antica ruggine.
“Dunque finalmente le forbici, e così finiamola!” gridò il cacciatore bianco della carovana, che si era avvicinato –contro vento- alle spalle del viaggiatore e ora brandiva la sua gigantesca frusta.
Gli sciacalli scapparono di furia, trattenendosi però ad una certa distanza, accovacciati gli uni agli altri.
“Così, forestiero, hai veduto e sentito anche questo spettacolo” disse il cacciatore e rise allegramente.
“Tu sai, dunque, quel che vogliono gli animali?” domandò il viaggiatore.
“Naturalmente, signore” egli disse.
“Qui è noto a tutti; da quando esistono cacciatori queste forbici girano per il deserto e gireranno con noi sino alla fine dei tempi. Sono offerte ad ogni forestiero non cacciatore per la grande consultazione elettorale. Ogni straniero, per loro, sembra proprio colui che è predestinato a far scomparire i cacciatori… Una insulsa speranza hanno questi politicanti; folli sono, veramente folli! Per questo noi li sopportiamo… Guardate, è morto un cammello stanotte: l’ho fatto trascinare qui”.
Vennero quattro portatori e gettarono in terra, davanti ai due, il pesante cadavere.
Subito gli sciacalli alzarono la voce; come se ciascuno fosse stato tirato da una corda, avanzarono esitanti, sfiorando col corpo il terreno. Avevano dimenticato i cacciatori, l’odio e quant’altro era nei loro programmi: la presenza della carcassa con le sue esalazioni cancellava tutto e li affascinava.
Già uno, al primo morso, si era attaccato al collo e subito caterve di altri avevano addentato la carogna, intenti alla medesima fatica.
Allora il cacciatore colpì vigorosamente qua e là con la frusta.
Gli sciacalli alzarono il capo e videro il cacciatore davanti a loro, dovettero sentire la frusta sul muso. Si ritirarono con un balzo, si scostarono per un tratto correndo. Ma il sangue del cammello formava già pozzanghere… Non poterono resistere: erano già tornati; di nuovo il cacciatore alzò la frusta, ma il viaggiatore l’afferrò per il braccio.
“Hai ragione, forestiero” disse il cacciatore. “Lasciamoli al loro lavoro e proseguiamo per la nostra strada: è tempo di muoverci. Tanto questi politicanti sono tutti eguali… Meravigliose bestie, non è vero? E come ci odiano!”
(liberamente ispirato a F. Kafka)