Il primo amore

Se non si è alle soglie della povertà, il primo Fucile da Tiro non si deve vendere!

Che fine avrà mai fatto il nostro primo, serio, sovrapposto da Piattello-Fossa?

Quel Beretta “SO4” che mamma ci aiutò a pagare, oltre vent’anni fa, come regalo perché le avevamo lasciato intendere –poveretta- che avremmo smesso di fumare?

Ma sì (…non lo ricordate?) quello che aveva le canne pesanti un chilo e 630 grammi e nessuno ci voleva credere, neanche gli operai della Fabbrica di Gardone (“…al massimo facciamo canne da kg. 1.600” dicevano tronfi, incontrandovi la domenica sui Campi di Tiro, ma la bilancia li smentì!).

Chissà nelle mani di chi si trova ora, quel superbo fucile?

Preso “d’occasione”, ma veramente come nuovo, tramite l’Amico armiere di Brescia, da un tizio che vendeva –pezzo a pezzo- la sua collezione e non era neanche tiratore!

Che emozione e quante speranze: con lui pensavamo di calcare le pedane del mondo; sognavamo di diventare Campioni Italiani di “Trap” e -perché no- anche qualcosa di più…

Che attrezzo meraviglioso: lo abbiamo desiderato, comperato, amato, coccolato, vezzeggiato e custodito come una persona di famiglia, e poi crudelmente abbandonato, in un momento di sconforto e di necessità.

Ogni volta che si acquista un fucile “giusto” per il Tiro, si ha infatti l’illusione di un vincolo profondo, come tra vecchi Amici, destinato a durare per sempre e il pensiero rifugge dal momento futuro in cui –presto o tardi- ce ne sbarazzeremo, convinti di aver “venduto bene” o “fatto un affare” se lo daremo in permuta, per poi pentircene amaramente per il resto della nostra vita di Tiratori!

Questo momento nefasto giunge con rapidità imprevista, una domenica qualsiasi sul Campo di Tiro. In pedana, ci fanno i complimenti e ci chiedono di “provare” il nostro gioiello per qualche piattello; noi acconsentiamo, il “volpone” ci fa una serie completa che chiude a 24, mentre di solito non arriva a 20 su 25; esce di pedana, ci offre buoni soldi, noi rifiutiamo mentre però pensiamo che a casa di sovrapposti da tiro ne abbiamo altri due; lui insiste, caccia di tasca il libretto degli assegni, ci dice nuovamente una cifra allettante con la quale ci esce “mezza macchina nuova” per la signora che aspetta a casa, lamentandosi sempre per le sue domeniche da sola…

Insomma, tira e molla, il misfatto si compie; l’arma è ceduta e la temuta lacerazione sentimentale –sul momento- non avviene: per noi è oramai una cosa morta. E gli avevamo voluto tanto bene!

Che fine avrà fatto il nostro?

Sarà nelle mani di un qualche eccellente Tiratore, di quelli che sul podio si portano anche il fucile e lo alzano aperto con entrambe le braccia, a beneficio dei fotografi, con le canne ben in vista perché si veda la marca riportata pacchianamente a grandi lettere adesive?

Oppure il mio “SO4” sarà finito nella cantina umida di una villa di provincia, il cui benestante proprietario dice compiaciuto ai suoi amici, la sera intorno al caminetto:

“Lo tengo perché oggi è un valore. Una resa balistica eccezionale! Canne così non se ne fabbricano più…” e magari neanche va a vedere –una volta l’anno- se per caso si è arrugginito!

Chissà… Troppo tempo è passato: il calcio sarà marcito, le canne “camolate”, l’asta graffiata!

Eppure, di quando in quando, in occasione delle grandi competizioni, là dove si addensano le folle dei Tiratori, nelle belle Armerie o sui grandi piazzali dei Campi blasonati, ci pare di intravedere nelle mani di un qualche anonimo pisquano il nostro amato “SO4”, un po’ allentato ed acciaccato, però ancora bello a vedersi; elegante, con la sua linea filante e bilanciata che, per quanto facciano, gli altri fucili se la sognano…

Ah, il rimorso! Ma come avvicinarsi, come chiamarlo? Se poi non è lui? Non ricordiamo neanche il numero di matricola…Ma ci voltiamo ed è già sparito. Un’ombra.