L’onestà è con noi stessi, prima che con gli altri
Educazione e onestà non devono essere imposte, ma sono uno “stile di vita”…
Il fortissimo Ascanio TANTUMERGO, campione nazionale di Tiro al “Coriandolo Volante” nel suo paese, un tardo pomeriggio di ottobre giunse in Papuasia per partecipare alla Finale del Campionato Intergalattico di quella specialità.
Il viaggio in aereo era stato particolarmente disagevole, con una coincidenza ed uno scalo tecnico in due aeroporti secondari, nonché le lunghe pratiche burocratiche per lo sdoganamento del fucile e delle munizioni dal cui produttore era sponsorizzato.
Inoltre, la differenza di fuso orario lo aveva completamente annientato talché, giungendo nel decoroso albergo della capitale papuasiana, non si era sentito bene e si era messo presto a letto, senza neanche sistemare i bagagli né toccare cibo.
Tantumergo, uomo giovane e rampante, avvezzo ad imporsi e a farsi rispettare anche nella vita oltreché sulle pedane di casa, si era subito lamentato arrivando in terra straniera del clima eccessivamente umido e del tempo inclemente che aveva trovato ad attenderlo; argomentò che anche gli elementi della natura ce l’avevano con lui!
Il mangiare, poi, non lo aveva mai assaggiato ma intuiva già che c’era di che ammalarsi… Comunque, non sentendosi bene, nel dubbio aveva rappresentato alla “reception” –tramite l’interprete- che aveva bisogno di essere visitato da un medico per l’indomani mattina e gli fu risposto affermativamente.
Svegliandosi all’alba da sogni tempestosi, Tantumergo sia pure infreddolito, si sentiva però molto meglio; come prima cosa chiamò al telefono -tramite centralino internazionale- il Presidente della Società di Tiro nella quale militava per rassicurarlo circa le sue condizioni, dopo il penoso viaggio. Tuttavia, nella circostanza e nonostante si fosse accorto che l’interlocutore stava dormendo quando lo aveva chiamato, essendo per lui quasi mezzanotte, non si astenne dal criticare con toni virulenti l’organizzazione della trasferta, la sistemazione alloggiativa e anche gli accompagnatori, nonostante fossero stati sempre tutti più che gentili con lui e non gli avessero fatto mai alcun torto.
Dopo la telefonata internazionale, si lavò e si vestì in fretta con panni comodi, dedicandosi ai suoi esercizi di ginnastica e alle prove di imbracciatura del fucile ad occhi chiusi davanti allo specchio, come faceva ogni giorno, ma si accorse che la testa gli girava e il cuore aveva preso uno strano abbrivio battendo vorticosamente.
Nel mentre bussarono alla porta. Il dottore con l’interprete! Se ne era completamente dimenticato…
“Grazie” provò a dire lui, dopo aver aperto la porta della stanza. “Stamattina sto benone… Per me potete anche andare; e poi tra due ore iniziano gli allenamenti in pedana per la gara di domani. Non posso certo fare tardi…”.
L’interprete tuttavia non si mosse ed anzi spiegò garbatamente che in quel paese –per ordine delle inflessibili Autorità governative- la vigilanza sanitaria era molto alta, soprattutto nei confronti degli stranieri, a causa di una particolare sensibilità degli abitanti a contrarre perniciose malattie d’importazione, anche da portatori sani. Il dottore si tratteneva in disparte, ma seguiva attentamente il dialogo, che sembrava comprendere.
Tantumergo dapprima si alterò, poi cercò invano di liquidare i due importuni offrendo addirittura del denaro all’interprete, ma si accorse che era inutile: tanto valeva assecondarli, almeno si sarebbero levati di torno!
L’interprete si era giustificato spiegando che una volta chiamato un medico (che in quel paese era un Funzionario governativo), questi doveva comunque stilare un dettagliato referto alle competenti Autorità, nell’interesse della “Salute Pubblica”.
Sbuffando e non facendo nulla per nascondere la propria irritazione, Tantumergo si sottopose di malavoglia al prelievo di una goccia di sangue dal dito e si fece mettere sotto la lingua un bastoncino cotonato sterile per il campione della saliva.
Maledisse a bassa voce l’interprete, il medico e quanti lo avevano convinto alla trasferta, chiudendo di malagrazia la porta alle spalle dei due importuni, quando questi finalmente se ne andarono.
Voleva proseguire i suoi esercizi in attesa che lo accompagnassero al Campo di Tiro ma si distese un attimo sul letto, esausto e fortemente agitato; inspiegabilmente, si addormentò di nuovo…
Fu svegliato da un insistente bussare alla porta verso mezzogiorno. Sul momento non realizzò che cosa stesse accadendo, ma ben presto si rese conto che doveva aprire: chiunque fosse sembrava stesse buttando giù la porta!
Grande fu la sorpresa del bizzoso campione nel trovare sul pianerottolo, oltre al medico ed all’interprete del mattino, anche due tarchiati individui in giacca e cravatta, scuri di pelle e dai tratti inequivocabilmente locali, e un poliziotto in uniforme… Tutti lo guardavano in silenzio. Di colpo era perfettamente sveglio.
“Che c’è?” fece appena in tempo a chiedere (con un tono di voce molto meno sicuro del solito e che neanche lui si riconobbe), che lo avevano già fatto sedere e il poliziotto si era posto in piedi alle sue spalle.
L’interprete, non senza imbarazzo e molto lentamente, spiegò che dalle analisi eseguite con apparecchiature scientifiche all’avanguardia sui campioni di liquidi che gli erano stati prelevati al mattino, era emerso “con certezza” che lui faceva uso di sostanze “dopanti”, assolutamente proibite in quel paese, come del resto anche altrove.
Alle furibonde proteste di Tantumergo, l’interprete precisò che era meglio per lui se non si fosse agitato tanto e non avesse alzato la voce –stante la presenza dei funzionari governativi incaricati di procedere contro di lui- e proseguì che l’assunzione di sostanze proibite comportava, secondo le leggi locali, l’immediata espulsione dalla Papuasia, la confisca dell’arma, delle munizioni e degli effetti personali del colpevole, nonché l’immediato suo rimpatrio a mezzo ferrovie locali, in appositi vagoni scortati dalla polizia, insieme a detenuti comuni.
Prima di lasciare il paese, tuttavia –precisò l’interprete- egli sarebbe stato condotto a piedi attraverso la capitale, con le mani legate ed appeso al collo un cartello con su scritto “SONO UNO STUPIDO FOCOZZONE CHE VOLEVA VINCERE BARANDO!!!”, tra gli inevitabili lazzi e sberleffi della popolazione…
Misurata la drammatica situazione, Tantumergo rifletté se non fosse il caso di reagire contro gli astanti, ma erano troppi e poi c’era il poliziotto armato. Allora pensò che era meglio limitarsi a fuggire dalla stanza gettandosi a precipizio giù per le scale, sempre che il poliziotto –più agile ed atletico rispetto agli altri- non fosse riuscito a raggiungerlo! Con il cuore in gola, egli ora misurava la distanza che lo separava dalla porta: era pronto con i muscoli tesi a spiccare un balzo verso fuori, verso la fuga, la libertà, la vita…!
In quel preciso momento, la sveglia suonò penetrandogli come un trapano nel cervello!
Nel tentativo di spegnerla Tantumergo fece cadere tutto quanto c’era sul comodino nella stanza di casa sua e la moglie accorse preoccupata, accendendo la luce.
“Che succede?” domandò, ma si rese subito conto della situazione e disse comprensiva:
“Dai alzati, campione! Fra due ore devi essere all’aeroporto per le operazioni d’imbarco. La Papuasia ti attende…”.
Lui sudatissimo e stravolto fece segno di sì con la testa, ma non riusciva a parlare: si abbandonò nuovamente sul letto di spine, mormorando “Mai più…!!!”.
Da quella mattina il fortissimo tiratore Ascanio Tantumergo smise per sempre di assumere anfetamine e qualsiasi altra sostanza dopante (come faceva effettivamente da parecchio tempo in occasione delle gare), essendogli bastato lo spavento preso in sogno!
Nella circostanza si ripropose anche di comportarsi più correttamente sulle pedane del mondo e di essere meno aggressivo e più comprensivo nei confronti del prossimo suo, sempre da lui considerato con odiosa sufficienza.
Nonostante i buoni propositi in tal senso, egli si rese però conto che forse era più facile smettere di impasticcarsi e basta.
E questa era già una grande vittoria.